La Repubblica di Caianello
Ho ricercato con la pellicola bn quelli che chiamavo “i motivi della mia felicità”,con le mani bagnate alla ricerca di quella magica avventura che era l’immagine , con il rischio di rovinare l’emulsione; e poco importa , puntualmente, si rovinava e al punto giusto:i contorni dell’immagine erano invasi da quello che sarebbe diventato in stampa ,bianco accecante.
Alla fine ottenevo un risultato simile all’incisione , segni rappresi ,volti sgranati ,storie quotidiane che diventano metastorie con il fiato sospeso:è l’Italia neorealista quella che vedo, o la metafisica del tempo sospeso ,sulla copertina del libro “La Repubblica di Caianello?”Un libro che è una sfida ,forse ,alla sorte ,a questi tempi strani ,al desiderio di lasciare una traccia,25 anni di lavoro senza un vero progetto ,come una pagina di un diario scritto sulla pellicola e tradotto attraverso la poesia dello sguardo.
I soggetti fotografati sono parte della cosiddetta Repubblica, una repubblica che non rispecchia tanto ,in maniera reportagistica , Caianello ,paesino dell’Alto Casertano di 1700 e più anime,da cui prende il titolo e conosciuto solo come casello autostradale ventoso sulla Roma- Napoli; ognuno di loro visto, pensato, raccontato come “Repubblica”, una repubblica a sé, che ha il suo spazio, il suo perché nell’esistenza.
L’esistenza raccontata è quel mondo contadino ,quello che mai cambiava ,che mal sopportava il “diverso”,il cambiare la via vecchia da quella nuova; ad un certo punto in questo mondo s’incrociano mondi nuovi ,fatti con l’arte e per l’arte ,donne forti ,belle ,belle anche quando hanno grandi braccia contadine e lavoratrici, sante di legno ,contadine che diventano artiste e che ,paradossalmente , cambiano inconsapevolmente ,la propria “repubblica “personale, quel mondo immutabile e concreto ,della vita contadina.”La casa di quello o di quella è una repubblica,si dice qui ; e poi c’è lui,quello che deride il mondo con i suoi denti mancanti,quella faccia da furbetto che in copertina sogna la donna ?,forse, appoggiato al vestito da sposa di sua madre.
Traduzioni di: Antonio Antuono per i pesti e Anna Carrubbo per le poesie
Testo critico di: Angelo Calabrese